Messa in sicurezza di Villa Dominicale
2021 – Fossalon, Comune di Grado (GO)
Intervento di messa in sicurezza di Villa Dominicale
Realizzato
Fotografie: Gerda Studio
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“Poche lastre di piombo collocate a tempo debito su un tetto, poche foglie secche e sterpi spazzati via in tempo da uno scroscio d’acqua, salveranno sia il soffitto che i muri dalla rovina. Vigilate su un vecchio edificio con attenzione premurosa; proteggetelo meglio che potete e ad ogni costo, da ogni accenno di deterioramento. […] E tutto questo, fatelo amorevolmente, con reverenza e continuità, e più di una generazione potrà ancora nascere e morire all’ombra di quell’edificio.”
(John Ruskin, Le Sette Lampade dell’Architettura)
La campagna che circonda Grado è così piatta che le montagne sembrano una scenografia ritagliata sullo sfondo. Il mare non si vede, ma si sente che è vicino, e tutto qui beneficia di una terra fertile, appena sfiorata dal salso. I confini regolari del grande giardino, uno spigolo della centuriazione agricola che si spinge fino alla laguna, contengono a fatica un selvaggio disordine, quel disordine di natura lasciata a se stessa da una vita: una vegetazione talmente rigogliosa che, ad avvicinarsi, il tetto della villa dominicale si intravede appena.
Dell’edificio esistente non era rimasto quasi nulla: dopo pesanti rimaneggiamenti negli anni ’60 che ne avevano irreparabilmente stravolto l’immagine, la villa era in stato di abbandono da decenni, con il tetto e le aperture ormai al collasso, i caratteri tipologici di inizio secolo completamente perduti. Solo all’interno si leggono ancora i tratti distintivi delle sue origini: le porte, i pavimenti, una scala dal parapetto in legno lavorato disegnano le linee di una storia che da fuori sembrava cancellata.
L’intervento di messa in sicurezza richiesto dall’amministrazione comunale mira a trovare una soluzione semplice per preservare l’immobile, e la realizza attraverso il rifacimento del tetto e la sostituzione dei serramenti e dei paramenti esterni. La messa in sicurezza di un edificio è molto più di un atto di riparazione di danni evidenti: si tratta di un impegno completo volto a garantirne la protezione e la durabilità strutturale nel tempo. Significa far resistere l’edificio, farlo sopravvivere nell’attesa che qualcun altro ne prenda possesso e lo renda palcoscenico di altre storie. Fermare le lancette del processo di decadimento accelerato da incuria e abbandono, e difenderlo per tramandarlo al domani.
L’intervento così concepito si inquadra in un preciso segmento temporale della vita di un edificio: dopo la costruzione originaria e i passaggi che ne hanno stravolto l’involucro, il progetto si pone l’obiettivo di intervenire per “stati di necessità” sia funzionali che estetiche. Un intervento che lavora sull’ancestrale ruolo di mediazione tra forma e funzione dell’architettura, attraverso la storia e le vicende di cui ogni manufatto – e ogni architetto – si fa portatore.
Oltre alla risposta tecnica, si è cercato di fare di più: riequilibrare l’involucro riportandolo allo stato neutro di un nuovo corso della sua esistenza. Il cubo bianco ora riluce come fosse appena arrivato, e nel contempo il paesaggio lo riconosce come elemento antico, dominante. Si fonde con la natura non per continuità ma per giustapposizione, in un rigore stereometrico che non confligge con il caos del grande giardino, lo coinvolge invece in un dialogo costante. La vegetazione non lo tocca, se non per proiezioni di ombre, e nel contempo lo pervade con la sua presenza, lo avvolge, lo protegge.
A seconda di come gira il sole, tutto cambia nella relazione tra i due attori protagonisti: rami e foglie diventano un disegno sempre mutevole sulla tela bianca delle facciate, mentre all’interno della grande casa le fronde degli alberi sono quadri viventi incorniciati dai grandi occhi aperti che scrutano il paesaggio.
L’interno è rimasto intoccato, un altro capitolo della storia si occuperà di lui in futuro: in questo lungo attimo congelato nel tempo, l’edificio continuerà a esistere silenzioso ma al sicuro, un rifugio di calma e ordine nell’essenza selvaggia che lo circonda. Una volta chiusi gli scuri, concepiti a filo esterno con il rivestimento, la villa si trasforma in un impenetrabile scrigno, un castello contemporaneo in attesa dei prossimi invasori. Ma basterà aprire una finestra perchè il dialogo, implacabile, ricominci; e la vita riprenda il suo corso.